Non c’è alcun reale motivo per cui la DAD può nuocere allo studio o portare svantaggi nei risultati didattici ma si deve ben distinguerla dalla DDI che è già un metodo comprovato e in uso da diversi anni.
L’emergenza sanitaria degli ultimi mesi ha portato a provvedimenti normativi che hanno permesso di svolgere a distanza le attività didattiche delle scuole di ogni grado, su tutto il territorio nazionale (decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, articolo 1, comma 2, lettera p.).
La DAD, nata come strumento di emergenza in un periodo di sospensione improvvisa delle attività scolastiche, senza avere dei confini teorici e pratici così chiari, è stata più recentemente affiancata dalla DDI.

Molti tendono a confondere – ed è assolutamente comprensibile – la DDI con la DAD, ovvero con la Didattica a Distanza adottata dalle scuole durante la prima ondata di contagi a febbraio 2020. Tuttavia queste due tendenze differiscono per alcuni aspetti cruciali.
Infatti la didattica integrata digitale (DID) è tale proprio perché integra digitale e presenza, mentre la didattica a distanza (DAD) è svolta interamente sulle piattaforme digitali (può quindi essere una componente – non esaustiva – della DID). Possiamo quindi dire che la DAD è una componente della DDI ma che non si sovrappone ad essa.
Proprio per il suo approccio che integra digitale e presenza, spesso ci si riferisce alla DDI con terminologie mutuate dalla lingua inglese, come blended learning o hybrid learning.
La didattica integrata digitale (DID) è tale proprio perché integra digitale e presenza, mentre la didattica a distanza (DAD) è svolta interamente sulle piattaforme digitali.
Leggendo le Linee Guida pubblicate dal Ministero il 7 agosto 2020, cogliamo che la Didattica digitale integrata si configura come strumento utile per:
- gli approfondimenti disciplinari e interdisciplinari;
- la personalizzazione dei percorsi e il recupero degli apprendimenti;
- lo sviluppo di competenze disciplinari e personali;
- il miglioramento dell’efficacia della didattica in rapporto ai diversi stili di apprendimento;
- la rispondenza a esigenze dettate da bisogni educativi speciali (disabilità, disturbi specifici dell’apprendimento, svantaggio linguistico, etc.).
- attività sincrone, ovvero svolte con l’interazione in tempo reale tra gli insegnanti e il gruppo di studenti; sessioni di lavoro audio-video comprendenti anche la verifica orale degli apprendimenti o lo svolgimento di elaborati e compiti monitorati in tempo reale;
- attività asincrone, ovvero senza l’interazione in tempo reale tra gli insegnanti e il gruppo di studenti (attività strutturate e documentabili, svolte con l’ausilio di strumenti digitali, con l’ausilio di materiale didattico digitale fornito o indicato dall’insegnante, visione di videolezioni, elaborazione di materiale digitale, individuale o di gruppo, secondo le consegne e sotto il monitoraggio del docente di riferimento).